giovedì 12 ottobre 2017

Il Caffè







In termini di emorroidi e dintorni quanti danni provoca (!) l’assunzione esagerata di caffè oltre i 2/3 al giorno, quelli raccomandati. Quanto lavoro per i cardiologi, gli internisti, i chirurghi e anche purtroppo i becchini.
Il caffè, a volte, funziona come il postbruciatore degli F18 (si ha presente no quegli aerei che partono dalle portaerei e che accendono i postbruciatori, si vede quella fiamma che esce dai tubi di scappamento dei motori; però durano circa 20 secondi in quanto danno una forza, una spinta enorme per acquistare forza e velocità).
Quando la natura, il nostro organismo ci dicono che siamo stanchi, che abbiamo bisogno di riposo e che siamo sostanzialmente in uno stato di stanchezza tale che non ci consente di continuare allo stesso ritmo che abbiamo intrapreso nella giornata, a questo punto normalmente molti dicono «ho bisogno di un caffè», «devo darmi la carica», è una spinta contro il bisogno, contro il messaggio che ci dà il nostro organismo.
Quando siamo stanchi, se il nostro corpo ci suggerisce che abbiamo bisogno di riposo, dobbiamo fermarci, dobbiamo rilassarci un attimo per recuperare le energie e lo stato psico-fisico, non bisogna andare contro la sua volontà e quindi prendere e fare una forzatura con 1, 2, 3 caffè perché stiamo spingendo (come il postbruciatore) contro le forze della natura. Aumentiamo l’adrenalina, i battiti cardiaci, quello che è il sistema cardio-circolatorio e di vigilanza che in quel momento, diciamo, come segnale dal nostro organismo doveva essere messo in stand by oppure a riposo per un certo periodo.
Continue forzature, vale a dire assunzioni di caffè quando noi sentiamo stanchezza, poiché sentiamo che ci farebbe piacere una tazza di caffè che ci dà la carica, sono deleterie in quanto vanno a forzare il sistema cardiocircolatorio per cui le arterie e tutti gli organi interessati (reni, fegato, cuore, polmoni, cervello) sono sollecitati oltre la loro misura naturale. Di conseguenza cerchiamo di seguire i consigli che ci dà il nostro corpo.
Adesso accenniamo qualche dato, qualche notizia tecnica per evadere dall’aspetto puramente medico.
Il caffè, da semplice curiosità botanica è passato ad essere la seconda merce al mondo per volume di scambi (la prima è il petrolio).
Napoleone disse un giorno «un caffè bello forte mi fa risorgere, mi provoca un rimescolamento interiore, uno strano tormento, un dolore che tuttavia è anche piacere».
Carlo Linneo, botanico svedese, sistemò la classificazione degli organismi secondo genere e specie. Per primo pone il genere “cofea” nel 1737, appartenente alla famiglia delle rubiacee, un gruppo di angiospermi che comprende circa 600 generi e 13.500 specie.
Benchè all’interno del genere “cofea” siano state descritte più di 100 specie, sono solo 2 quelle che si trovano comunemente in commercio, la cofea arabica e la cofea canefora, nota anche come ‘robusta’.
All’interno di queste due specie si trovano poi numerose varietà, il cui nome richiama spesso il luogo d’origine ognuna delle quali si distingue per sapore e qualità.
La cofea arabica è endemica degli altipiani dell’Etiopia, del Sudan sud-orientale e del Kenya settentrionale. Poi si diffuse anche nello Yemen ed infine attraverso i francesi nella Martinica (da qui nel 1720 in tutti i Caraibi). Nel giro di pochi decenni il caffè si diffuse in tutte le isole come Guadalupa, Haiti, Giamaica, Cuba e Portorico. Poi la Guyana francese e nel 1727 il Brasile.
Il caffè tipo arabica cresce meglio a quote tra i 1000 e 2000 metri. Circa il 70% della produzione mondiale di caffè deriva dall’arabica.
In America Latina, oltre il 95% delle coltivazioni è costituito da arabica, mentre in Africa l’80% è costituito dalla robusta; Brasile e Colombia sono i principali produttori al mondo di arabica.
Una delle principali differenze tra le due specie è il contenuto di caffeina. L’arabica ne contiene in media tra lo 0,8 e l’1,4 %, mentre la robusta tra l’1,7 e il 4%.
Per questo motivo la robusta è spesso usata nelle miscele per aumentare il contenuto della caffeina ed è quello che fa più male.
Un paio di annotazioni curiose.
E’ la famosa ‘cultivar geisha’, coltivata a Panama, ma che deve il nome alla regione dell’Etiopia da cui proviene (recentemente giunta a 185€ al chilo). Si dice che essa abbia un aroma che va dal miele ai fiori, al cioccolato.
Un’altra varietà esclusiva si chiama ‘caffè di Zibetto’ (dal nome di un animale), fatto dalle bacche mangiate ed escrete dallo zibetto, appunto, delle palme, un piccolo mammifero che vive in Indonesia.
Questo caffè è venduto a prezzi che oscillano tra i 185 e i 215 € al chilogrammo.
Concludendo, dopo tutte queste caratteristiche è evidente che l’arabica 100% è quello consigliabile perché ha un gusto più buono, suadente, dolce, ha una bella aroma e soprattutto ha un contenuto in caffeina più basso.
Se una persona ne beve 2, 3 massimo, al giorno mantiene diciamo un sistema di stimolazione di vigilanza ancora compatibili. Oltre questo numero direi che si va ad accentuare questa “usura” del nostro organismo che alla fine paga le conseguenze a breve o a lungo termine.
Consiglierei anche di provare il decaffeinato che ha meno caffeina, eventualmente da prendere alla sera o in altre circostanze, così si evita l’uso della caffeina che è quello stimolante che non deve assolutamente essere preso in grandi quantità. Altrimenti si va a stimolare continuamente il sistema cardiocircolatorio e neurovegetativo quando praticamente quest’ultimo invece ha bisogno di ristoro, di recuperare.




Dott. Remo Andreoli

12 ottobre 2017